(Pubblicato su “il Lametino” n. 237 – Ottobre 2017, col sottotitolo: I rischi connessi alla scarsa cultura economica)
Nel numero precedente de “il Lametino”, abbiamo trattato delle conoscenze finanziarie degli italiani ed abbiamo riportato alcune indagini condotte da autorevoli istituzioni internazionali che ci collocano, in quanto a cultura finanziaria, agli ultimi posti delle graduatorie mondiali, dietro a paesi quali la Tunisia, il Gabon, lo Zambia, il Camerun…
La scarsa cultura finanziaria e lo strapotere delle Banche, imputate, da qualche tempo, in processi per abusi perpetrati ai danni dei depositanti, hanno uno stretto legame. Oggetto di tali abusi è sempre l’approfittamento dello stato di ignoranza del debitore; ignoranza intesa nel senso che il debitore è sempre ignaro dei rischi connessi a certe operazioni di impiego dei suoi risparmi. Ne viene a conoscenza solo quando quei rischi, da potenziali diventano effettivi con la conseguente perdita di tutta o di parte della somma investita. Ma ormai è troppo tardi.
Si ricorre allora al Giudice, invocando quasi sempre, come scusante, lo scarso acculturamento e la conseguente propria incapacità di valutare appieno la rischiosità dell’operazione.
Intanto osserviamo che il contratto di sottoscrizione di prodotti finanziari (obbligazioni, offerte pubbliche di acquisto di azioni, Fondi comuni di Investimento, assicurazioni, etc.) è sempre accompagnato dal Prospetto Informativo, documento nel quale sono chiaramente indicati gli svantaggi dell’operazione, i rischi, gli eventuali conflitti di interesse e anche la possibilità di perdita totale o parziale della somma investita. Il “prospetto” è documento obbligatorio ed è sottoposto al preventivo esame di merito dell’organo di controllo (Consob).
Però è anche vero che è difficile districarsi nella sua lettura, fatta di termini tecnici rivolti a persone iniziate ed informate e che abbiano una solida cultura finanziaria.
Dovrebbe sopperire, in questi casi, la cosiddetta Mifid (Direttiva Europea sui mercati degli strumenti finanziari). La direttiva impone, all’atto della richiesta o proposta di sottoscrizione di un qualsivoglia strumento di investimento finanziario, la compilazione di un questionario fatto di domande mirate rivolte al sottoscrittore. Sulla base delle risposte date, si dovrebbe pervenire, il condizionale è sempre d’obbligo, alla valutazione dell’adeguatezza del risparmiatore a sottoscrivere e/o a investire in strumenti finanziari (cosiddetta valutazione di adeguatezza).
La Mifid, evidentemente, viene osservata con superficialità o completamente disattesa: non si spiegano diversamente i casi di inadeguatezza emersi dai recenti scandali finanziari (Banca Etruria e Banche Venete). L’operatore, il consulente, non dimentichiamolo, ha un budget fissatogli dal suo datore di lavoro (Banca o Organismo Finanziario) e quei prodotti finanziari deve pur venderli. Conclusione: quando si ha una cultura finanziaria inadeguata è preferibile rivolgere l’attenzione verso strumenti finanziari più tradizionali, ancorché meno remunerativi: l’abbaglio dall’alto rendimento potrebbe riservare amare sorprese.
Di seguito non vogliamo occuparci di indottrinamento finanziario, vorremmo piuttosto soffermarci su alcune linee guida da seguire nell’impiego dei propri risparmi, consapevoli come siamo che nessun investimento e che nessuna forma di impiego del risparmio sia esente da rischi.
Anche le più semplici ed apparentemente più sicure operazioni, quali i depositi a risparmio ed i c/c, impattano con BAIL IN nel caso, malaugurato, si dovesse verificare il dissesto della propria banca. Sappiamo difatti che i depositi fino a 100.000 euro sono garantiti dal Fondo di Garanzia sui depositi; gli importi eccedenti sono rimborsati con le risorse patrimoniali residue della Banca o dell’Istituto Finanziario, in caso di loro default (fallimento).
Le obbligazioni bancarie ordinarie trovano copertura solo nel patrimonio della Banca, non esistendo altre sottostanti garanzie.
Un Istituto bancario che opera in Lamezia, espone nei suoi locali, un tabellone elettronico nel quale sono evidenziati l’entità del suo patrimonio e la percentuale di copertura dei depositi, raffrontandoli con quelli del Sistema.
Quella Banca, in altri termini, si sente in dovere di rispondere alla domanda che ogni depositante dovrebbe porsi, dopo l’entrata in vigore del bail in, e precisamente: a chi sto affidando i miei risparmi?
L’impiego dei propri risparmi deve però essere subordinato al rispetto di altri principi, ugualmente importanti. Deve essere innanzitutto atto razionale e consapevole: esso non può e non deve essere frutto di improvvisazione, e la scelta della forma di impiego non può avvenire per sentito dire, ma deve essere effettuata a seguito di un’analisi approfondita delle necessità proprie e della propria famiglia: deve essere, in altri termini un atto pianificato, tenuto conto delle esigenze presenti e future proprie o della famiglia.
Un primo elemento da prendere in considerazione è il tempo, la durata dell’impiego.
Tempo e durata dell’investimento non vengono mai presi in considerazione, eppure costituiscono una componente di rischio tra le più gravi, tanto che si può affermare che più lunga è la durata dell’investimento, maggiori sono i rischi.
Ed è anche valida la correlazione tra tasso di rendimento e rischio, nel senso che maggiore è il rendimento maggiori sono i rischi: difatti i maggiori rendimenti sono, di solito, e in condizioni normali di mercato, riservati alle operazioni di più lunga durata.
Mi spiego con un esempio: il Btp decennale, titolo sicuro perché emesso dallo Stato, ha un rendimento del 2,19%, tra i più alti del mercato finanziario attuale e l’alto rendimento potrebbe orientare la scelta.
Poniamo che dopo due anni dalla data di investimento si abbia urgente bisogno di disponibilità liquide. In questo caso, è necessario disinvestire, se tutti i nostri risparmi siano stati impiegati nell’acquisto del Btp.
Il disinvestimento potrebbe comportare rischi di perdita, se nel frattempo sono variati in aumento i tassi di interesse: il valore (corso) del Btp sottoscritto è diminuito, perché sono stati emessi, successivamente, Btp decennali a tassi più alti.
Il disinvestimento comporta, in questo caso, una perdita secca determinata dalla differenza tra il prezzo di acquisto del BTP (superiore) e quello di vendita(inferiore). Conclusione: l’alta remunerazione, non può essere elemento decisivo di scelta; nel caso ipotizzato è stata anche sbagliata la pianificazione delle necessità familiari, o quanto meno non si è costituito un fondo di riserva al quale attingere immediatamente, per sopravvenute impreviste necessità.
Quest’ultima conclusione ci riporta a quanto abbiamo detto in premessa e cioè che l’operazione di investimento e/o di impiego del risparmio debba essere un atto pianificato, che deve tenere conto, necessariamente, delle esigenze presenti e future proprie e della famiglia, e, soprattutto, tenere nel debito conto anche l’integrità patrimoniale (vedi BAIL IN) dell’ente finanziario cui si affidano i propri soldi.
I piccoli risparmi non possono essere investiti in azioni, in sottoscrizioni di Fondi comuni di investimento azionari con unico versamento, in obbligazioni subordinate, tentati dal miraggio dell’alto rendimento a dall’andamento favorevole di Borsa: bisogna sempre tenere nella giusta considerazione che si tratta di investimenti a rischio, il cui rendimento è sperato… atteso e, quindi, futuro ed incerto.
Diverso è il caso di un piano di accumulo in Fondi di investimento e/o in polizze di risparmio: i versamenti mensili, di piccolo importo, servono a precostituire un capitale da destinare nel lungo periodo ai fini più disparati; e sottolineiamo lungo periodo.
L’indennità di liquidazione per collocamento in pensione non può essere interamente investita in strumenti finanziari a rischio.
Una regola fondamentale è, difatti, quella della diversificazione degli investimenti (del cosiddetto paniere) che impone, a seconda delle esigenze familiari, impieghi a breve, a più lungo termine e, solo per la parte residua, ad investimenti a rischio e a rendimento futuro ed incerto.
Ci rendiamo conto che le cose fin qui dette sono ovvie: purtuttavia gli scandali finanziari sono all’ordine del giorno e quasi tutti evidenziano perdite dolorose ai danni dei risparmiatori, vuoi per dabbenaggine, vuoi per disinformazione.
Abbiamo anche visto che le leggi di tutela esistono, ma non siamo tanto convinti della loro efficacia: la Mifid, ad esempio, che dovrebbe valutare l’adeguatezza del sottoscrittore, è subordinata alle conclusioni cui potrebbe giungere, in modo errato, l’operatore.
Pertanto la tutela opera non tanto a priori, ma, ove possibile, quando il danno è bell’e servito.
Ci sentiamo pertanto di concludere che bisogna diffidare da quegli strumenti finanziari che non si conoscono, ma che si sottoscrivono perché abbagliati dallo sperato loro alto rendimento.
Se si vuole scommettere, perché dotati di grossi mezzi finanziari, lo si faccia pure.
Ma chi ha disponibilità di grandi mezzi finanziari ha anche cultura finanziaria e capacità di discernimento.
Aldo Sirianni
Presidente Fondazione Antiusura Monsignor Vittorio Moietta Onlus