(Pubblicato su “Il Lametino” n. 231 – Febbraio 2017, col sottotitolo: fenomeno di destabilizzazione sociale)
L’usura, non provoca nessuna emozione, né sentimenti di particolare avversione: di essa si parla con lievità, con leggerezza quasi fosse un peccatuccio da niente e una prassi in uso nello svolgimento degli affari.
Ha, inoltre, scarso appeal mediatico: desta interesse solo quando si accompagna, a fatti cruenti quale il suicidio dell’usurato, o a fatti di violenza quali il racket e l’estorsione, o se vi siano coinvolti noti personaggi.
Cessato il clamore mediatico, ricade nel disinteresse generale.
Eppure l’usura è atto di sopraffazione e di violenza perché è un reato perpetrato ai danni di soggetti deboli e bisognosi.
Se, poi, è praticata da organizzazioni criminali, è fenomeno di vera e propria destabilizzazione sociale. Innanzitutto perché costituisce un’ingente fonte di guadagni che permette alla criminalità di diventare sempre più forte e pervasiva e, inoltre, perché è attività che consente il riciclaggio di danaro di provenienza illecita (traffico di stupefacenti, racket, estorsione).
Infine, è da considerare che lo scopo finale dell’usura praticata dalla criminalità è quello di impossessarsi dei beni dell’usurato; e quando vittima dell’usura è un imprenditore, l’organizzazione criminale diventa prima sua socia occulta e poi proprietaria dell’impresa.
Usura e criminalità organizzata costituiscono, quindi, una miscela esplosiva ad alto potenziale, che può minare e sconvolgere le basi del vivere civile: l’uso della violenza e della coercizione, da parte della criminalità organizzata, difatti, fanno assumere al fenomeno usuraio un vero e proprio controllo dell’economia e del territorio.
Essa perde la connotazione di reato perpetrato solo ai danni della vittima e assume quella di reato contro la Collettività.
Nella nostra Città sono presenti sia la criminalità che la pratica dell’usura. Con riferimento a quest’ultima, la città di Lamezia vanta consolidate tradizioni: i cittadini di età adulta ricordiamo le famose “botteghe usuraie” che praticavano l’usura alla “luce del sole”.
Ho virgolettato perché l’espressione non è mia, ma l’ho letta nel resoconto di un’intervista ad un operatore di giustizia, riportato da un giornale locale in data piuttosto recente.
Purtuttavia, nel sentire comune, la pratica dell’usura continua ad essere considerata un crimine di scarsa rilevanza sociale.
Di sicuro, contribuisce alla diffusione di questo comune intendimento il fatto che l’usura è un reato ambiguo: l’atto di violenza criminale sottostante al fenomeno usuraio, cioè, è quasi sempre simulato, “vestito con uno schema negoziale di diritto bancario o commerciale”.
Di recente, l’EURISPES si è occupato del fenomeno dell’usura in Italia in due rapporti dai titoli inquietanti: “L’Italia incravattata” e “L’usura: quando il credito è in nero”, dai quali emergono i dati seguenti:
– il giro d’affari annuo dell’usura in Italia ammonta a 82 miliardi (35 per prestiti e 47 per interessi);
-il tasso d’interesse medio praticato dagli usurai è del 110%;
-ricorrono all’usura il 12% delle famiglie e il 10% delle imprese;
-l’usura è diffusa in tutte le province italiane escluse alcune nelle quali il fenomeno è marginale o di scarsa rilevanza (Aosta, Trento e Bolzano);
– le province del meridione d’Italia, sono quelle più esposte e le province Calabre occupano, in questa triste graduatoria, i primi posti.
Le rilevazioni si riferiscono all’usura privata: i “Rapporti” trattano separatamente della cosiddetta usura bancaria.
I dati esposti sono molto eloquenti; merita però qualche considerazione quello che esprime il giro d’affari dell’usura, pari a 82 miliardi di Euro.
L’importo assume particolare rilevanza se paragonato ad alcune transazioni che avvengono nel mercato ufficiale del credito: l’ammontare dei crediti al consumo in Italia ascende all’incirca a 100 miliardi e il flusso delle transazioni annuali (nuove concessioni) a circa 50 miliardi.
Pur in presenza di questi dati, il fenomeno non emerge: le denunzie dei reati di usura sono sparute e certamente non proporzionate alla diffusione del fenomeno.
Non traggano in inganno le denunzie avverso il reato di usura bancaria; è facile aggredire una banca. Essa certamente non ricorre a ritorsioni e a minacce di violenza fisica, presenti invece nell’usura privata, che, pertanto, pur essendo la più diffusa, non emerge.
La mancata emersione è però fenomeno più complesso; esistono altri motivi che lo condizionano tanto è vero che l’usura è definita “reato silenzioso”.
Innanzitutto: la vittima dell’usura, è portata, per contorti meccanismi mentali, a nutrire sentimenti di riconoscenza nei confronti del suo aguzzino: amore della vittima verso il suo aguzzino, o sindrome di Stoccolma.
Altre cause, sono da ricercare nella lungaggine dei processi per usura e nella vigente legislazione, che va sicuramente rivista ed aggiornata.
La durata dei processi per usura supera i dieci-quindici anni: emblematico è il caso dell’imprenditore reggino De Masi che nel 2003 denunziò per usura 4 grandi istituti di credito e, ad oggi, il processo non si è ancora concluso.
Durante il lungo periodo dello svolgimento del processo, l’usurato, oltre ai danni subiti dall’usura deve sopportare danni aggiuntivi.
Questi derivano, in generale, dalle minacce e dalle ritorsioni dei denunciati, e in particolare, dall’ostracismo delle Banche, quando sono loro ad essere denunciate che si estrinseca nel blocco dei conti e nella revoca dei fidi, paralizzando di fatto l’attività dell’impresa.
Conclusione: le vittime dell’usura, in un sistema con scarse e inadeguate tutele, preferiscono soffrire in silenzio e si guardano bene dal denunziare i loro aguzzini.
Non c’è dunque scampo all’usura?
Noi operatori delle Fondazioni Antiusura crediamo che il fenomeno possa essere arginato… che senso avrebbe sennò il nostro impegno quotidiano nella prevenzione dell’usura.?
Suggeriamo, difatti, tramite La Consulta Nazionale Antiusura, i rimedi alle carenze legislative ed operative fin qui illustrate e svolgiamo la complessa e difficile attività di prevenzione.
Aldo Sirianni
Presidente Fondazione antiusura Monsignor Moietta Onlus